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venerdì 5 maggio 2017

CONSULTA  REGIONALE  FEMMINILE
DELLA  VALLE  D’AOSTA

Più di 500 opere giunte dalle numerose  località dell’Italia, Francia e Svizzera partecipano ogni anno nel concorso “Donne al opera”
Solo i venti scritti sono stati premiati e pubblicati.
Tra quelli, per secondo anno consecutivo, il racconto “ L’ascensore”.

Concorso - DONNE IN OPERA.
 Il tema del concorso: IL CORPO RACCONTA”

I testi dovranno mettere in evidenza ed esprimere in senso artistico il significato simbolico e culturale del corpo delle donne e raccontarne l’uso mediatico in contrapposizione con il vissuto e l’esperienza quotidiana delle “donne reali”. 

L’ascensore




                                   Acrilico su tela  50 x 50 - Daniela Karewicz

            Come tante donne coreane che sfuggono alla fame e alla miseria del proprio paese, anche Yŏng divenne una vittima del traffico di esseri umani.
Il suo corpo rientrava nello standard richiesto dal mercato e molto presto fu comprata, moglie,  da un industriale cinese per un modico prezzo di 528 dollari.
            Yŏng si alza ogni mattina un’ora prima del marito. Prepara una complessa composizione floreale e la depone sul tavolino accanto alla colazione. Poi torna in cucina per stirare una camicia, perché a lui piace tanto metterla ancora calda!
Ogni sera fa un bagno profumato, cosparge sul suo corpo oli balsamici e lo aspetta fin quando non torna dal lavoro.
Un giorno il marito la chiama a telefono per comunicarle che la multinazionale di cui è socio lo avrebbe inviato a Milano, che sarebbero partiti insieme e che la loro partenza sarebbe stata imminente.
Dopo questa notizia Yŏng si precipitò a fare delle ricerche su Internet.
Mentre lei si eccitava a scoprire  tutto su quella città dal nome così difficile da pronunciare, lui si eccitava con la sua segretaria.
La mattina successiva mentre lui si affrettava a lasciare il letto dell’amante, Yŏng  si affrettava  a disdire i corsi all’Università dove studiava lingue.
Lo stava facendo per lui con la stessa prontezza con cui, una volta interruppe una gravidanza.
Si ricordava bene quando fu obbligata ad abortire, lo fece perchè stava aspettando una bambina.
Era incinta da venti settimane quando si recò in una clinica specializzata. La sala d’attesa era piena di disperate come lei, ciò nonostante le operazioni si svolgevano con una certa velocità; ogni venti minuti usciva dalla sala operatoria uno straccio di donna piegata in due.
Una ragazzina che sembrava minorenne cercava di consolarle.
Raccontò la sorte di sua sorella incinta che era finita in carcere dopo aver ammazzato il suo compagno violento.
Poco dopo la nascita della bambina, quando vide un'infermiera premere un asciugamano bagnato sulla faccia ancora sporca di placenta, si era ripetutamente infilata le forbici nell’addome.
La bambina aveva smesso di piangere dopo dieci minuti, sua sorella aveva smesso di urlare dopo mezzo ora.
Yŏng, una volta uscita dall’ospedale, piegata anche lei in due, decise di telefonare al marito che con una voce ansimante le ordinò di chiamare un taxi, perché  era impegnato.
Yŏng riconoscendo in sottofondo le risate ed i gemiti della segretaria avrebbe voluto infilarsi, anche lei, le forbici nell’addome.
La segretaria non era più bella di lei, ma aveva  la pelle più bianca, il naso più sottile e gli occhi  “diritti”.
In breve tempo anche la pelle di Yŏng divenne alabastrina, il naso più lungo e alle sue palpebre aggiunse uno strato di pelle.
Suo marito non si accorse di nulla.

            A Milano risiedevano in una lussuosa palazzina aziendale con l’ascensore.
La vita di Yŏng non era cambiata, passava il suo tempo a dedicarsi alla casa, ad aspettare il marito e a curare - per lui - il proprio corpo. Tutti i giorni applicava sul viso maschere rigenerative, si depilava e si spalmava con balsami sbiancanti. Faceva anche una dieta rigorosa a base di certe alghe orientali.
            Una mattina portando nello scantinato il bucato da lavare, vide sul pavimento dell’ascensore un tanga a brandelli.
Si mise a piangere.    
Aveva riconosciuto il tanga. Lo vedeva spesso ad asciugare, insieme all’altra biancheria, sul balcone accanto. 
Yŏng invidiava la sua vicina Cinzia, soprattutto per la sua indipendenza. Ammirava anche il suo seno abbondante e le lunghe gambe.
Si pentiva adesso di non essersi sottoposta, quando era ancora in Cina, all’intervento per l’allungamento delle gambe.
A quel tempo le sembrava troppo spezzarsi le tibie per guadagnare dieci centimetri in altezza.

            Cinzia era cresciuta in una famiglia molto agiata. Si era laureata in economia e commercio, conosceva quattro lingue ed era molto ambiziosa.
Concludeva gli affari con una sorprendente facilità.  Era seria e allo steso tempo esuberante e non esitava ad usare il proprio corpo come un mezzo per ottenere maggiore successo.
Era troppo intelligente per non farlo.
I soldi che spendeva per gli interventi plastici li considerava un investimento.
Di solito, le attenzioni dei clienti cadevano sulle trasparenze che esaltavano il generoso décolleté ricostruito,  per seguire poi gli abbondanti glutei siliconati. L’attraente ondeggiare dei lunghi capelli tinti e il seducente broncio della bocca gonfia di collagene,  completavano il quadro di una  sensualità raffinata.
Sotto questo torturato cinismo, però, si nascondeva una donna sensibile che sognava di trovare un amore puro, un marito. Avrebbe voluto anche dei figli, ma forse più avanti... una gravidanza, adesso, avrebbe potuto rovinare le sue forme perfette.
Quando ottenne l’incarico di manager-marketing consumer per una multinazionale, si trasferì in una palazzina aziendale a Milano.
I continui viaggi di lavoro le impedivano di stringere rapporti o amicizie e in pratica la condannavano alla sofferta solitudine.
L’unico contatto, anche se fuggitivo, lo aveva con i suoi vicini di piano.
Di solito intravedeva nel giardino della terrazza una bellissima coreana  immersa spesso in catartica meditazione.
La invidiava, sopratutto per la sua devozione verso la casa e la  famiglia. Sempre sorridente, evocava un perfetto equilibrio tra corpo, mente e spirito.

            Incontrava suo marito, dispotico uomo di successo,  durante le assemblee   al primo piano della palazzina.
A riunione finita, prendevano l’ascensore insieme... quella volta  voleva essere stuzzicato con i suoi sexy tacchi a spillo.
Lei si difese un po’ e lui le strappò il tanga.
Il giorno dopo si imbatté  in ascensore con la moglie di lui che scendeva in lavanderia. Era incinta di almeno otto mesi.
Con un braccio reggeva una cesta di camicie di suo marito, con l'altra mano stringeva a sè i tre maschietti.
I loro sguardi
si incontrarono in un tacito segno d’intesa.
Da quel giorno Cinzia decise di non prendere più l’ascensore...
                                                                                                                                        

                                                Daniela Karewicz

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