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giovedì 15 settembre 2011

Nebbiosa ossesione



Amo la nebbia. L’ho amata fin dall’infanzia, quando giocavamo “a nascondino” insieme o quando mi rincantucciavo in lei, perché forse mi vergognavo di qualcosa. Mi copriva mentre  scappavo di casa o semplicemente perché non avevo voglia di vedere nessuno.

Non mi ha mai deluso. Mi ha sempre guardato da vicino ed era in grado di mascherare  i miei pensieri più oscuri, occultare il lato tenebroso di me stesso.

Il mio più grande desiderio era  entrare in lei per scoprire i suoi più celati segreti.
Col tempo è diventata una vera ossessione. Alla fine seguivo morbosamente ogni sua mossa.
Ad ogni costo volevo arrivare al suo cuore.

Non è facile catturare la nebbia. Quando la incontro, mi avvio furtivamente verso di lei con il timore che mi sfugga di nuovo.  A volte mi sembra di  agguantarla. In tal caso fa turbinare il suo bianco spumeggiante, scivola via abilmente  dalle mie braccia per  piroettare    scherzosamente sopra la mia testa. Da lontano sembra che avvolga completamente tutto l’infinito, ma quando finalmente riesco a immergermi nel suo mistero,  si dilegua, impaurita,  nella soffice lanugine della fantasia. Lambisce appena i bordi slavati delle immagini completamente deformate che, tuttavia, riprendono le loro tanto banali forme.

Il modo più semplice per avvicinarla è mentre stende in fresche albe il suo pallido manto sul niente.  Fingendo che sono qui solo per  guardare i giochi di luce nel cielo ancora livido, mi tuffo nella sua evanescenza,  la inalo vogliosamente, ma… sotto il mio appassionato respiro si dirada immediatamente, tramutandosi nella trasparenza. 

Quando una mattina all’improvviso mi attacca, corro all’impazzata lì, dove il mondo è appena percettibile, dove è sempre più esangue. Vado lì, dove  non si vede, per arrivare dove nulla esiste.
Mi fermo.
Sto in ascolto.
Sento il sordo panico che si insinua subdolamente dentro la dimora del mio spirito e intreccia con i suoi viscidi tentacoli il mio subconscio. Cominciano a vaneggiare le paure più nascoste.  Le ombre mostruose fluttuano in una danza perversa,  il perfido fruscio rivela  i più intimi segreti. Qualcosa arruffa i capelli, lecca le guancie, strappa i vestiti.
Sono immobile. Un’impotente ansia si impadronisce della mia mente.
All'improvviso mi scuote un’incomprensibile paura.
Il cuore si ferma ... comincia a fremere nel cuore della mia nebbia.
Non mi difendo. Sono felice. Finalmente è mia!
La sento, sono dentro di lei.
Si sta impossessando di me.

Sulla rugiada d'argento tremolante
di umide nebbie i cumuli
 fluttuano
in un ritmo di danza …
si saziano
si avvinghiano nel vertiginoso abbraccio
affondano nell’inesistenza. 


Daniela Karewicz


 

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