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lunedì 7 novembre 2011

La mia agorà

Il luogo dove l’ultima ventata mi aveva scaraventato spietatamente, era come tanti altri … un dominio prosaico, ermeticamente chiuso e murato nei suoi incerti  valori. Ogni volta, dopo aver costatato di essere sprofondata nella mentalità ottusa degli altri,  cercavo disperatamente di allontanarmi.
Bramavo frequentare un habitat in cui si potesse respirare l’atmosfera intellettuale. Desideravo la creazione e sperimentazione di nuovi mezzi espressivi, sognavo di contemplare cose belle,  ispirarmi all’ incanto della vita  per poter scrivere poesie, dipingere,  comporre  musica.

Trovare un luogo simile, una magnifica isola fiorita che mi avrebbe potuto stupire ogni volta e accogliere con un inebriante mondo di colori,  mi era diventato assolutamente indispensabile.

Quel regno incantato avrebbe potuto diventare casa mia, la mia agorà.

Bisognava forse incamminarsi in silenzio verso un sentiero ignoto, sedersi su pietre millenarie ad origliare  il vento che ansimava dentro un vecchio cimitero … ed ascoltarlo.  Non impetuoso, ma umile, gentile, quasi un sussurro, e ascoltare  … la voce del passato. I morti bisbigliano. Una volta nella loro lingua, adesso anche in tutte le lingue del mondo.

Mi addentrai nelle oscure tenebre dei pendii dal verde cupo e fra cespugli e muschio di rugiada imperlati. Dinanzi a me si aprì un mondo misterioso finora sconosciuto.

I cumuli delle tombe, irti di croci consumate dalle lacrime,  si levavano  verso il cielo, come sospiri di memorie. Le lapidi, brune e sgretolate, erano incise di linee d’immortalità, di frasi che si disperdevano  in tenerezza e commozione. Vi erano raffigurati i graffi del dolore, e anche se invisibili, riempivano l’aria con la loro intensità.  
Quel posto era come l’intera storia dell’umanità,  era … il ripetersi  della mia vita.
I miraggi continuavano ad affluire.
Attraverso le scritte giungevano, da paesaggi lontani, profumi misteriosi che inondavano tutto attorno. Leggevo i colori del mondo, col vento inafferrabile dell’immensità, con panorami di universi vorticosi.
Guardando  in su, costatai che la volta celeste  tinta di nubi si ampliava in una eterna cupola immensa, sulla quale stazionavano continenti e oceani abissali,  raffigurati da argentei tratti di polvere stellare.
Per la prima volta nella mia vita vidi nella semplice visione  la meraviglia che avevo cercato, e che sempre mi era sfuggita.

All’improvviso sopraggiunse un inquietante turbamento. Un’ondata di inattesa consapevolezza scosse tutto il mio essere.
Mi resi conto che il posto che cercavo così disperatamente, la mia agorà, risiedeva dentro di me. Non  importava dove mi trovavo o dove stessi andando, la portavo sempre con me.
Rimaneva solo da sconfiggere  l’angosciante solitudine, il senso dell’abbandono che mi accompagnavano da sempre. 
Per questo bastava forse  dividere il mio spazio con gli altri,  comunicare per poter esprimere le proprie emozioni, i propri sentimenti,  le proprie sensazioni.

Sono dentro di me
nel mio profondo
dentro i miei silenzi
...senza parole.
Inerme e possente
senza limiti
vibro volo sento
respiro.
Sono dentro di me.
Tocco l’anima
mi ascolto...

                                                                                                                        Daniela Karewicz

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